Ad incidere sul valore di un diamante è sicuramente il colore di quest’ultimo….
In passato veniva utilizzato come pietra con cui incidere, data la sua particolare durezza e resistenza nel tempo, oggi, invece, viene utilizzato, per la maggior parte, per sancire una storia d’amore.
A meno che dunque non siate Carrie Bradshow di Sex and the City che ha preferito un armadio ad un anello al dito per sposarsi, sappiamo che di eterno c’è solo lui: il diamante.
L’origine
Dal greco “damas”, indomabile, viene citato già nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio come la pietra più dura tra le altre, ma non è altro che una delle forme con cui si presenta il carbonio.
Diverse le qualità che nei secoli sono state attribuite a quella che ad oggi è riconosciuta come la pietra più preziosa esistente. Se nel IV secolo a.C, in India, si parlava infatti della brillantezza e delle rifrazione della luce di questa pietra, in Cina veniva utilizzata come talismano per allontanare il male.
Solo in seguito i diamanti furono rinvenuti in Sudafrica, a Kimberley, città che diede il nome alla roccia dalla quale la pietra preziosa viene estratta, la kimberlite. L’erosione della kimberlite, infatti, genera diamanti di varie dimensioni, colori e purezze, successivamente classificate dai centri specializzati.
Caratteristiche
Per determinare il valore di un diamante sul mercato si ricorre alla legge delle 4 C, ovvero quattro criteri che conferiscono alla pietra una qualità unica nel suo genere: “carat” (peso), “cut” (taglio), “clarity” (purezza), “colour” colore.
Innanzitutto per determinare la grossezza di un diamante, e quindi il suo diametro, è necessario pesarlo. La sua unità di peso è il carato, unità di misura che veniva utilizzata per i semi del carrubbo. Un carato equivale a 0,20 grammi, ma può essere suddiviso a sua volta in grani, ovvero 1/20 di grammo ed in punti che equivalgono ad 1/100 di carato.
Numero e posizione delle inclusioni contenute nella pietra preziosa ne determinano la purezza e, a tal proposito, sono state istituire normale internazionali suddivise in:
IF (puro): il grado più elevato di purezza di un diamante esente da inclusioni.
VVS (very very small inclusions) e VS (very small inclusions): sono presenti inclusioni molto piccole, difficili da vedere con un ingrandimento 10x
SI (small inclusions): sono presenti inclusioni facilmente visibili con una lente di ingrandimento 10x
Quando parliamo di taglio, invece, non ci riferiamo alla forma con cui viene smussata la pietra, ma alle sue proporzioni, alla simmetria e alla lucidatura.
Anche in questo caso, in base alla luce riflessa dal diamante, si parte da un taglio “Excellent”, al massimo della sua brillantezza, per giungere ad un taglio “Poor”, che priva il diamante di lucentezza.
Ad incidere sul valore di un diamante è sicuramente il colore di quest’ultimo. A tal proposito è stata creata una scala per classificarne il colore che comincia da D (bianco neve) e termina alla lettera Z (giallo pronunciato). Gli altri colori, come verde, blu o marrone, vengono identificati come “fancy colours”.
Il metodo “moderno” per risalire al colore del diamante, consiste nel poggiare la pietra con l’apice rivolto verso l’alto su un cartoncino bristol bianco, piegato a metà, per poi essere avvicinata ad una fonte di luce bianca e fredda.
In passato, invece, si riteneva che appannando la pietra col fiato era possibile individuarne facilmente il colore.
Lo sapevi che…?
Se sottoposti a radiazioni ultraviolette, alcuni diamanti possono dare origine a fenomeni di fluorescenza, ovvero nell’emissione di energia sotto forma di luce. Questo fenomeno, a seconda del grado, rende più velata la pietra preziosa, influendo sul suo prezzo.